IL MIO AMARETTO PREFERITO

Sulla scia dei dolci del Piemonte indaghiamo su un ingrediente amaro da cui nasce un dolcetto molto Piemontese e tanto amato.
Il nostro itinerario si sviluppa su due giorni, partendo dall’opulenza delle pasticcerie torinesi e approdando, secondo il percorso dei Moriondo, a Mombaruzzo, in provincia di Asti:

  • Torino
  • Asti
  • Momabruzzo
  • Acqui

Distanze da percorrere:

Giorno 1

A piedi Torino

Giorno 2

Km 57  Torino – Asti

Km 35 Asti – Mombaruzzo

Km 16 Mombaruzzo – Acqui

Gli amaretti sono dolci secchi, fatti di zucchero, miele, mandorle dolci pelate, albume d'uovo e armelline amare. Sono diffusi in tutta Italia, ma il Piemonte è la regione che vanta il maggior numero di ricette. La loro origine è piuttosto incerta e si ipotizza che possano aver subito l’influenza della pasticceria arabo-spagnola, traslata nei secoli attraverso il Mediterraneo. In Piemonte sembrano essere arrivati nel corso del XVIII secolo: alla fine del 1700 Francesco Moriondo, pasticciere in servizio presso la corte dei Savoia, creò i suoi primi amaretti a base di mandorle, zucchero e armelline, che ebbero un gran successo. Nacquero così gli amaretti di Mombaruzzo. Francesco, mombaruzzese, economo presso la Mandria di Venaria, si innamora di una fanciulla siciliana, pasticcera presso la casa reale, famosa per la sua specialità: un dolce  alle mandorle. L’amore dei due li spinse a cambiare vita, a trasferirsi a Mombaruzzo, paese natale di lui, e ad aprire una pasticceria, dove la ricetta di questo dolce venne perfezionata e custodita.

Francesco arriva alla realizzazione di questo dolce particolare, aggiungendo alla ricetta di partenza una percentuale di armelline (mandorla contenuta nel nocciolo delle albicocche e delle pesche), ed è proprio questo ingrediente che caratterizza l’amaretto di Mombaruzzo donandole quel piacevole gusto amarognolo.

Il successo arrivò presto con numerosi premi e medaglie d’Oro tra cui:

 

MILANO 1881

NAPOLI 1882

TORINO 1884

ROMA 1887-1895

 

Proprio la tendenza amara che caratterizza gli Amaretti di Mombaruzzo, dovuta alle armelline, è alla base del loro nome, ispirato all’esclamazione più diffusa tra chi li assaggiava per la prima volta: «Oh, i son bon… ma i son un pòc amaret» che tradotto in italiano significa: “Sono buoni ma sono un po’ amari!”

Gli eredi di Francesco, Virginio e Carlo, hanno tramandato la tradizione degli Amaretti fino ai giorni nostri.

Oggi la ricetta originale dell’Amaretto di Mombaruzzo, con tutta la sua tradizione, è protetta da Alessandro Lacqua e Egle Orsi che, nel 2016, con l’acquisto del marchio Moriondo Virginio, hanno ricevuto tutti i segreti dell’Amaretto di Mombaruzzo dai discendenti della famiglia Moriondo, Ada e Mario Pessini.

GIORNO 1 - TORINO

Il primo giorno è dedicato alla scoperta della città di Torino e dei suoi salotti: da Augusta Taurinorum a prima capitale del Regno d’Italia, passando per maestosi progetti barocchi di trasformazione della città all’insegna dell’eleganza e della raffinatezza gastronomica. Esplorando le pasticcerie ed i caffé storici, ma anche visitando Palazzo Reale e Palazzo Madama, il percorso affronta alcuni golosi rituali di corte (la merenda reale) e gli sfizi di personaggi famosi (primo fra tutti, il Conte di Cavour,  Camillo Benso), le ricette trascritte da alcuni chef di corte e, soprattutto, l’evoluzione della pasticceria moderna vista dalla posizione privilegiata del capoluogo sabaudo. Impossibile non sostare, per vedere ed assaggiare, nei gloriosi luoghi storici, ancora oggi attivi, dove da sempre si celebra la golosità torinese.

Per apprezzare al meglio le ricchezze della città, è suggerita la visita guidata.

GIORNO 2 – MONFERRATO E ACQUI

Si parte alla volta di Asti, antica e poderosa città medievale, oggi meno conosciuta di quel che si meriterebbe. Ricca di torri, testimonianza dei fasti delle antiche famiglie di mercanti astigiani, attivi nel XIII e XIV secolo presso le più importanti città e fiere d’Europa, Asti è oggi famosa per il Palio e per il Festival delle Sagre, ma anche per lo spumante aromatico Asti DOCG, una produzione che insiste su diecimila ettari di territorio circostante, coltivato a uve moscato bianco. Una degustazione astigiana è d’obbligo, abbinando all’Asti i nostri amaretti e, anche, la torta di nocciole. Suggeriamo la visita guidata di 2 ore nella città di Asti per poterne apprezzare i gli angoli preziosi più nascosti.

Dopo un pranzo veloce, si passa a Mombaruzzo, sempre in provincia di Asti, ripercorrendo le tracce della coppia Moriondo, dove ancora oggi l’azienda è attiva e custodisce la segreta ricetta antica di Francesco, per preparare ancora oggi i migliori amaretti morbidi della zona.

L’itinerario si conclude ad Acqui Terme, già famosa nel III sec a.C. per le sue calde acque ricche di minerali. Quando nel 109 a.C. la colonia romana di Acquae Statiellae venne collegata con le altre province dalla via Aemilia Scauri, la città visse uno sviluppo che continueranno per tutto il periodo Romano.

Le ricerche archeologiche ci restituiscono l’immagine di una città monumentale, con enormi impianti termali (le cui piscine sono ancora visibili e visitabili) un teatro, un anfiteatro, empori commerciali e uno spettacolare acquedotto in parte sopraelevato, in parte interrato, lungo quasi tredici chilometri. Lo scrittore latino Gaio Plinio Secondo nomina le sorgenti termali di Acqui fra le più importanti del mondo romano, insieme a Pozzuoli e Aix-en-Provence. 

Ad Acqui, dopo una doverosa passeggiata culturale, è possibile immergersi nuovamente in tappe gastronomiche elevate, partendo dalla pasticceria Guazzo, per assaggiare la loro versione di amaretti, specialmente se abbinati ad un calice del celebre Brachetto D’Acqui DOCG, autentica perla di aromi, fermandosi per l’aperitivo in uno dei bar eleganti in prossimità della fontana detta “La Bollente”, e concludendo poi, magari dopo un ulteriore giro a piedi (almeno andata e ritorno dall’acquedotto romano, per compensare le calorie), in uno degli strepitosi ristoranti storici della città.

Se si volesse sostare un altro giorno, ad Acqui è possibile, ancora oggi come ai tempi dei romani, immergersi nelle acque terapeutiche degli stabilimenti termali, oggi prestigiose SPA e nuovi luoghi di cura e di loisir.