LA SACRA DI SAN MICHELE

Luogo di culto e mistero, la Sacra di San Michele costituisce uno dei baluardi della storia religiosa della Val di Susa.
Il suo fascino è strettamente legato alle storie e leggende che aleggiano attorno alla sua figura; la sua stessa costruzione evoca episodi di interventi celestiali.
Infatti, nonostante sul Monte Pirchiriano, sia stato registrato il passaggio umano fin dalla preistoria, si narra che non si trattò solo di una scelta strategica di interesse militare, bensì un mistero avvolse la sua costruzione.
Originariamente l’abbazia era destinata al Monte Caprasio, oggi conosciuto come Rocca Sella, su volontà del benedettino San Giovanni Vincenzo intorno al 983 d.C. Tuttavia si racconta che, una volta iniziati, i lavori paressero non procedere a causa della misteriosa sparizione delle pietre destinate all’edificio.
Al fine si svelare l’arcano, San Giovanni Vincenzo si appostò nascosto per cogliere i ladri sul fatto. Sorprendentemente ciò che vide lo stupì: alcuni angeli apparirono al calar della notte e spostarono i massi sul Monte Pirchiriano. Interpretato come un segno divino, la costruzione proseguì laddove le pietre furono depositate; tant’è vero che ancora oggi è possibile osservare un affresco raffigurante l’episodio celeste all’interno dell’abbazia. Grazie a questa leggenda, il santuario viene considerato “consacrato”, da cui la “Sacra”.
Tuttavia, è necessario ammettere che non si tratta di una singola costruzione dedicata all’arcangelo Michele, bensì si racconta che quest’ultima faccia parte di disegno assai più ampio. Il cosiddetto Culto di San Michele, infatti, vede la sua origine del mondo orientale dove gli era riconosciuta la figura di capo supremo dell’esercito celeste e di colui che combatte contro i nemici della chiesa. Da Israele all’Italia, le prime tracce sulla penisola sono state registrate sul promontorio del Gargano a Monte Sant’Angelo, intorno al V secolo.
Questo primo Santuario divenne il modello per la diffusione del culto micaelico: vennero consacrate infatti cime di monti, colli, promontori o grotte come sede di liturgia.
Tale venerazione si espanse al punto da raggiungere la costa della Normandia, in Francia, dove tra il 708 e il 709 fu eretto il santuario di Mont-Saint-Michel.
La Sacra di San Michele valsusina pertanto fu l’ultimo tassello di una serie di luoghi di pellegrinaggio; posizionata a metà tra i santuari due santuari, quello pugliese e quello francese, forma parte della cosiddetta “ Via Angelica”. Oltre 2,000 chilometri che attraversano tutta l’Europa occidentale che si narra raggiunga addirittura l’Irlanda e Gerusalemme.
Anche in quest’occasione, alla base del culto del pellegrinaggio esiste una leggenda.
Il racconto ha origine con l’esilio di Lucifero dal Paradiso: cacciando l’angelo dannato si narra che la spada dell’Arcangelo Michele abbia lasciato una traccia del suo gesto sul pianeta. Di questa via invisibile, è chiaro il collegamento tra le tre basiliche dedicate a San Michele, dove si dice sprigioni un campo energetico particolare che è possibile notare su di una piastrella, più chiara della altre, posizionata all’entrata dell’abbazia.
Facendo qualche passo indietro, è bene citare anche le fasi storiche attraversate dal santuario.
A partire dalla sua costruzione, la Sacra è stata di appartenenza dell’ordine benedettino; qui, il fondatore, San Giovanni Vincenzo, dopo un primo periodo da eremita, decise di reclutare abati e monaci nell’abbazia cosicché prese forma un vero e proprio centro culturale internazionale. Questi scambi diedero vita ad una grande civiltà religiosa che contraddistinse il periodo di dominio benedettino.
Tuttavia, con il trascorrere del tempo, si fecero avanti le velleità economiche di pochi che portarono la Sacra ad un periodo di declino importante per la sua storia, ed infine all’abbandono.
Dopo quasi due secoli, Re Carlo Alberto di Savoia decise di stanziare una congregazione all’interno del santuario per far risorgere l’edificio. Tra questi furono eletti i Rosminiani a cui il Re affidò le salme di 24 dei suoi antenati, precedentemente conservate nel Duomo di Torino.
E’ sotto la loro proprietà e grazie alle loro iniziative che nel 1994 alla Sacra viene riconosciuto il titolo di “Monumento simbolo del Piemonte”.
Un’ultima leggenda accompagna la storia della basilica ancora oggi: la leggenda della Bell’Alda. Questa epopea risale all’epoca in cui il santuario divenne lo scenario di scontri e assedi. Si racconta che, in tale occasione, una giovane donna di nome Alda, per scappare da un gruppo inferocito di soldati, trovandosi in cima ad una torre, preferì gettarsi nel vuoto piuttosto che finire prigioniera. Tuttavia la ragazza non toccò il suolo grazie all’intervento celeste di due angeli che la salvarono. Entusiasta del miracolo ricevuto, lo raccontò ma nessuno le credette; così, impavida e decisa a provare quanto accaduto, tentò nuovamente il gesto, ma in questa occasione non accorsero a salvarla e così morì, punita per la sua superbia. La leggenda evidenzia che sul luogo dell’incidente è stata eretta una croce in sua memoria e da qui il detto: “L toc pi gross rimast a l’era l’ouria” (il pezzo più grosso rimasto era l’orecchio).

 

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