CASTELLO DI RIVOLI

Alle porte della provincia di Torino, il Castello di Rivoli s’impone come residenza sabauda strategica. Si narra infatti che già a partire dal dominio romano, fosse possibile osservare un torrione fortificato centrale attorniato da altri edifici ed un giardino circostante.
Dapprima registrata come proprietà dei vescovi di Torino, la costruzione entra a far parte della dinastia sabauda solo a partire dal 1247. Tuttavia, è con Amedeo IV che la residenza acquisisce enorme rilevanza; grazie alla propria posizione favorevole sui territori conquistati dai Savoia, infatti, egli vi trasferisce il Consiglio dei Principi nel 1330.
Inoltre, il Castello fu anche teatro di feste e celebrazioni come la nota unione tra Bianca di Savoia e Galeazzo Visconti nel 1350.
Più tardi nei secoli, per la prima volta sul territorio piemontese, il Castello di Rivoli registrò il passaggio di una delle più importati reliquie: la Sacra Sindone.
Qualche secolo dopo, Emanuele Filiberto di Savoia salì al trono e scelse di posizionare la capitale del Ducato nella città di Torino; tuttavia, quest’ultima era ancora di dominio francese, pertanto si vide costretto a stanziare la sua corte nella limitrofa Rivoli, dove nacque il suo erede, Carlo Emanuele I.
Questi due personaggi marcano significativamente la storia dell’edificio apportandone diverse modifiche. Il padre, con l’aiuto degli architetti Francesco Paciotto e Domenico Ponsello, si occupò dell’ammodernamento della struttura, in particolar modo, aggiungendo un giardino terrazzato al fine d’ingentilire l’aspetto militare del complesso.
Il figlio, invece, scelse gli architetti Castellamonte per realizzare il progetto della Pinacoteca nella *Manica Lunga del castello per conferire all’edificio forma di residenza di loisir. Conclusosi nel 1670, la Pinacoteca ebbe vita breve,contesa infatti tra francesi e sabaudi, venne danneggiata da saccheggi e incendi.
Fu con al l’ascesa di Vittorio Amedeo II che numerosi grandi architetti presero mano/ si succedettero nella ricostruzione del Castello, tra questi citiamo Michelangelo Garove, Antonio Bertale edinfine il celebre Filippo Juvarra. Il progetto gettava le basi per la costruzione di una vera e propria reggia, in grado di confrontarsi con le più grandi residenze europee, mai portato a termine. All’esterno erano previste balaustre e statue d’impronta juvarriana; mentre per l’interno era stato richiesto l’intervento di pittori da tutta Italia per decorare gli appartamenti. Nuovamente interrotti, i lavori ripresero solo sotto la guida del successore Vittorio Amedeo III che incaricò l’architetto Carlo Randoni.
A causa della serie di vicissitudini che segnarono la sua storia, il Castello perse importanza e per questa ragione venne ceduto alla città di Rivoli che gli attribuì la funzione di caserma militare. In tale occasione, i soldati dell’esercito, incuranti dell’edificio, lo danneggiarono notevolmente.
Inoltre, il secondo conflitto mondiale segnò un nuovo periodo di distruzione per il Castello di Rivoli, che venne riesumato solo a partire degli anni 1970, quando la Regione Piemonte si propose di comparire in suo soccorso.
Nel 1984 infine venne fondato il Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli che ancora al giorno d’oggi vanta celebri collezioni e collaborazioni di noti giovani architetti al fine di far riemergere la sua rinnegabile bellezza.

*Manica Lunga
Il progetto iniziale implicava la costruzione di edificio basso e distaccato, connesso alla residenza da un lungo e stretto passaggio all’ala laterale.
Di tale progetto, sopravvisse solo una piccola parte, salvata dagli incendi appiccati dal passaggio delle truppe francesi verso la fine del ‘600. Inoltre, qualche secolo dopo, il noto architetto messinese Filippo Juvarra avrebbe proposto l’abbattimento di quest’ala a favore del suo nuovo progetto. Quest’ultimo non fu mai portato a termine e l’edificio venne adibito ad area di servizio.
Solo nel 1986 furono ripresi i lavori di restauro della Manica che si conclusero nel 2000 con l’apertura di una sala espositiva. A partire da quella data è possibile osservare la vocazione museale della struttura grazie al dialogo tra “contenitore e contenuto”: il protagonista di questi nuovi progetti fu l’architetto Andrea Bruno che grazie all’utilizzo di nuovi materiali come acciaio e vetro crea moderne scale di accesso alla struttura seicentesca. La trasparenza del vetro dona la possibilità di godere della maestosità della costruzione che insieme con le coperture di metallo illuminano l’edificio e i dettagli del progetto dei Castellamonte.

Per maggiori informazioni, clicca qui.